ritornati a casa dopo il giro in centro, io ed emme ci siamo messi a sedere sul divano blu a riposare. abbiamo camminato molto, lungo le vie dei negozi alla ricerca di un paio di scarpe per eli e di una giacca estiva per me. siamo entrambi difficili e c’è voluto tempo prima di trovare ciò che ci piaceva. contenti per il bottino raccolto siamo tornati verso casa tenendoci per mano e stringendo orgogliosamente ognuno il proprio sacchetto.
“ti va una birra?”
emme risponde di si. mi alzo e apro il frigo: il ripiano in basso è sempre dotato di birre. mi piace essere previdente. prendo le due birre ed entro in cucina per stapparle. prendo i nostri bicchieri (si, abbiamo i nostri bicchieri della birra, oggetti vintage anni ‘60) e li riempio con la birra bella fredda.
mi giro verso il salotto e rimango a bocca aperta.
emme mi guarda e mi fa segno di stare zitto mettendo l’indice davanti alle labbra. sulle sue gambe tom, il riccio magico, si è accoccolato e si prende le carezze che emme fa alle sue setole iridescenti.
poso i bicchieri di birra sul tavolino e con attenzione mi siedo vicino a lei. tom non si muove nè apre i suoi occhietti color rubino. la mano di emme continua ad accarezzarlo, lieve.
“ma?”
“è apparso all’improvviso: ho sentito come un formicolio sulla gamba ed era lì.”
“non ti sei spaventata?”
“beh…. no. è stato tutto così veloce. mi ha guardato giusto un attimo e si è rannicchiato.”
emme mi sta sorridendo: sono sicuro che sente la presenza di tom, rassicurante nonostante le sue dimensioni ridotte. un riccio magico ha tanti poteri: uno di questi è di ingenerare sicurezza nelle persone che lo hanno accanto o a contatto, come emme in questo caso.
allungo le braccia e prendo i due bicchieri. sono dei calici con tanto di maniglia che fa oktoberfest. li impugniamo e con un sottile “ding” li accostiamo senza disturbare tom.
“ci voleva” le dico con la schiuma che mi rimane sui baffi. emme con delicatezza la toglie.
tom nel frattempo si è svegliato. mi guarda con gli occhi da furbetto. vedo le setole che iniziano a vibrare e avverto emme: “allontana la mano: sta per saltare”
un paio di secondi dopo ecco il “puff!” che conosco bene. sulla gamba di emme il residuo di salto quantico si deposita luccicando per infine sparire.
“che bello!”
“conosco la sensazione. la sentirai per un po’… ascolta!”
dalla camera da letto arriva il ticchettio delle zampine di tom sul palchetto.
“sta andando in cuccia. lasciamolo riposare.”
“certo che è un pigrone, un po’ come il suo padrone”
“chi? io pigrone?”
“si tu, che lasci la tua forma sul questo divano e ti vanti di fare delle pennichelle eterne.”
la guardo facendo finta di essere offeso.
emme rimane perplessa per poi ridere
“ma sei un deficiente!”
“e allora’ è forse un problema?”
“Mannò. dai abbracciami.”
mi accosto e allungo il braccio destro.
“appoggiati pure”