in diretta

quando il sabato mattina diventa un momento per se stessi e hai il tempo per dedicarti a quello che vuoi e devi fare.

mi alzo dopo che sono riuscito ad addormentarmi in seguito alla sveglia datami dalla micia, che verso le sei di mattino ha iniziato a miagolare per uscir sul balcone. e passi…

colazione dolce e caffè lungo mentre ascolto le notizie su rai news.

passata di scopa dappertutto e successiva lavata di pavimenti, balcone della strada compreso. il tutto con la musica che più mi piace a farmi compagnia.

che faccio dopo? semplice: si esce a fare due passi.

prima il caffè da della ferrera, un piccolo rito del sabato che cerco di tenere in vita. poi il mercato di corso sebastopoli, per sentire il contatto con la gente e dare un’occhiata alle bancarelle.

trovo un paio di ciabatte che mi piacciono e le prendo dato che le attuali sono da buttare. i tappetini di plastica del lavello… ceto ne ho bisogno. a questo punto guarderei anche per uno scolapiatti pieghevole… minchia non ce ne sono.

però nulla è perduto: in via san marino c’è quel negozietto di plastica e affini che potrebbe averlo. e così è. torno a casa con un bel kit per la cucina che gli darà nuova vita e luce.

ah, la pizza di ieri sera mi farà da cena stasera. riscaldata sarà anche più buona

🙂

buon sabato

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eiar

con l’occasione del venerdi a casa vado in centro a fare un giro. mi ricordo che forse il museo della rai è aperto e…si, il museo è aperto.

entro ed è come ritornare bambino

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quell’ingresso in cui ero stato quando sono andato in gita con le elementari non è cambiato. ci sono solo degli schermi lcd in più, ma le modanature, i coloroi e credo i sorveglianti sono gli stessi. forse i sorveglianti no, dai.

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è un mondo di fiaba. un viaggio nel mondo delle onde elettromagnetiche, rapide ed invisibili. nelle teche sono contenuti oggetti affascinanti e preziosi: il telegrafo di marconi, il telefono di meucci, il fonografo, il registratore a bobina e i valvoloni che fanno tanto steampunk.

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c’è anche lui: l’uccellino del segnale orario. nella scatola di legno una serie di ingranaggi, mossi dalla molla caricata a mano, producono il classico trillo che per anni ha caratterizzato le trasmissioni radio. altro che canarino o merlo indiano in gabbia.

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infine lei, nicoletta orsomando sotto una cofana di capelli cotonati, a dare il buonasera.

finisce il giro, breve purtroppo, ma molto bello e romantico. ho nostalgia dei radioloni, dei valvoloni incandescenti, dell’odore di polvere bruciata, dell’occhio magico, di quel mondo fatto di fantasia e immaginazione.

 

 

in diretta

da casa, perchè oggi è un giorno di ferie forzate. inizia la serie di giorni a casa richiesti dall’azienda per abbassare i costi di gestione del personale. sono scettico sul reale funzionamento, ma se ci obbligano c’è poco da fare. martedì altri colleghi saranno a casa, in rotazione continua per non lasciare l’ufficio guarnito.

dato che fa bello ne ho approfittato per una corsetta leggera in piazza d’armi. quel tanto che basta per soddisfare il bisogno di endorfine che sono per me linfa vitale. mentre nel pomeriggio andrò dal dentista per la devitalizzazione di un premolare. ormai la mia bocca è più di porcellana che di carne.

intano prosegue il mio momento solitario e indipendente. in pochi giorni il mio umore è virato alla ricerca dello spazio fisico ed interiore, distante dalle altre persone. ragiono in prospettiva pensando a quale viaggio fare in futuro e dove. se prima lo pensavo in compagnia, se l’avessi trovata, ora mi vedo in giro da solo e libero di decidere cosa e come fare.

che strano, mi dico: pochi mesi fa mi lamentavo della mia frustrazione da single ed ora sono qui a dirmi che sto bene all’idea. mi chiedo a questo punto se prima il mio malessere non fosse che uno stupido alibi per autogiustificare il mancato piacere dell’indipendenza. sono complicato e contorto, lo so.

e secondo aspetto ancora più sorprendente è l’assenza di motivazioni nel forzare le situazioni e rendermi partecipe verso le altre persone. prima, mi davo delle regole che mi portassero comunque ad accorciare le distanze, a farmi sentire, a dimostrare che c’ero. non più. nessuna intenzione di fare un pazzo forzato e forzoso. al contrario mi muovo sulla mia traiettoria, anche parallela, ma pur sempre mia.

non ho la voglia di cercare una fidanzata; non guardo le donne che incrocio per strada alla ricerca di un segno di approvazione; non accondiscendo parole ed espressioni nel tentativo di rendermi interessante. sono io e sono così. se non piaccio non piaccio. se non sono interessante non sono interessante.

vale anche in senso opposto: se una persona non è interessante non la seguo e non mi metto all’opera per dire: ehi sono qui. basta con questo atteggiamento.

un pensiero a mondonico, morto oggi. da allenatore del toro non potevo che farmelo antipatico. il suo modo di polemizzare mi stava sulla gobba. ma da tifoso di sport non posso non salutarlo e omaggiare la sua persona e umanità. allenatori come lui, fatti di sangue e non di schemi su carta, mancheranno sempre più.

un applauso e un saluto

 

 

applause

come dice un mio amico seguire le partite amichevoli di calcio è tempo sprecato. non gli ho dato retta e ieri sera mi sono accoccolato sul sofà blu, briciola in fondo nel suo angolo-cuccia, ad vedere l’amichevole tra inghilterra e italia

stadio di wembley gremito con 84000 persone: quando mai in italia potrebbe accadere?

prima del fischio di inizio si osserva un minuto di applausi, e non di silenzio, in onore di tre giocatori recentemente scomparsi: due inglesi e il nostro astori

84000 persone hanno applaudito alle tre fotografie apparse sui megatabelloni dello stadio

ho trovato questo minuto di applausi davvero emozionante: dovrebbe diventare il nuovo minuto omaggio alla memoria di qualcuno scomparso.

basta con il silenzio imbarazzante, rotto da colpi di tosse nervosa e sospiri. se dobbiamo omaggiare qualcuno facciamolo in un modo allegro, che dia energia e non deprime

per cui, applausi scroscianti e non silenzi incatramati