risveglio – prima parte

martedi 31 gennaio 2017, mattina

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alle sei e trenta suona la sveglia. la spengo e inizio a fare gli esercizi di rilassamento per la schiena. raccolgo le ginocchia al petto e rimango in questa posizione, a dondolo, per un paio di minuti. con la mente sondo la colonna vertebrale, i dischi e i tendini. cerco di rilassare la muscolatura per diventare un tutt’uno con il materasso.

gli occhi rimangono chiusi: il confine tra sonno e coscienza è labile e si dilegua ome un filo di ragnatela nell’aria.

mi alzo con calma e infilo il pile nero per mantenere il calore corporeo e vado in cucina per la colazione

 

il dirigibile

lunedi 30 dicembre 2017, notte.

per me stairway to heaven è la canzone più bella del mondo. scusate se è poco.

questa definizione mi è venuta spontanea quando una notte una ex-amica è passata a prendermi per bere una birra notturna assieme e in radio c’era questa canzone. tempo di aprire la portiera e ho detto: la canzone più bella del mondo, di getto. e definizione da parte ia non fu più azzeccata.

inutile che ve la descriva, perchè basta ascoltarla per capire che ci si trova di fronte all’apice della musica rock e non solo.e per dirla tutta, mi piacerebbe suonarla con un gruppo che la conosce bene. solo allora potrò dire di aver compiuto il mio cammino di batterista.

chissà con quale gruppo in sottofondo sto scrivendo in questo momento?

good night and dont walk under a stair

 

 

keep your pace down

lunedi 30 dicembre, 2017. sera

il piacere di fare le cose con calma, che bello che è.

stasera non devo correre né devo rispettare orari particolari. ho la serata per me, da gestirmi come voglio.

non che debba fare chissà quali cose, ma poterle fare al mio ritmo ha un sapore in più, come lo zucchero velato sui pasticcini.

spesa al supermercato e confesso che ho buttato l’occhio un paio di volte nelle corsie pensando che avrei potuto incrociare l’amica del venerdi. quella che mi ha chiesto di chiamarla quando la vedo.

ve lo immaginate il sottoscritto che esce dalla sua flemma e a mani giunte chiama la tipa ad alta voce facendo voltare tutti quanti?

io no

posata la spesa ho messo via il bucato che mi supplicava di essere tolto dallo stendino che stazione sotto il poster di david bowie e dei cure. tra l’altro ho lasciato uno spazio apposta per un altro poster dedicato ad un musicista. se trovo quello che penso faccio il botto.

ho pulito il bagno perchè i sanitari lasciatimi dai padroni di casa tendono ad appiccicare lo sporco come una seconda pelle. come la paella che si incolla al fondo della padella se la scaldi troppo in fretta.

fatto anche quello mi sono seduto al pc a scrivere e poi preparo cena. non vi dico cosa preparerò, cosi rimanete con la curiosità 🙂

non sono dispettoso: sono di buon umore. ho dato inizio ad un’esperienza che non mi aspettavo e sono tutto un fermento interiore. sono fatto di bollicine di champagne.

repubblica indipendente del divano, aspettami. dopo cena ti farò visita e so che mi accoglierai in tutta la tua morbidezza

 

la vita perfetta secondo me

lunedi, 30 gennaio 2017. pomeriggio

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oggi il caffè l’ho preso prima del solito. offerto da lady pink. e a una sua offerta non si può dire di no.

per cui mi ritrovo cinque minuti liberi ora che è il mio momento pausa caffè

. cosa faccio? ma certo, posso scrivere del libro che sto leggendo: la vita perfetta.

non mi ricordo più chi mi ha chiesto di leggerlo e dare un’opinione. ti chiedo scusa ma mi sono dimenticato.

lo sto portando avanti con fatica. peccato perchè la prima parte è interessante, scritta su due piani narrativi che si intersecano. il nuovo thriller inglese si sta appoggiando su storie intricate, seguite dall’autore su piani diversi. in comune con il blasonato “la ragazza del treno” ho trovato il senso di smarrimento di fronte ad un avvenimento imprevisto e la difficoltà a rimettere la propria vita in carreggiata.

da metà in avanti il romanzo perde di ritmo e diventa un acquerello moscio. si aggiungono situazioni e misteri accessori, secondo me per tentare di mantenere viva l’attenzione del lettore, che mi fanno sbadigliare.

lo finirò perchè voglio vedere come sarà il meccanismo finale però se penso che  in passato il thriller inglese aveva una sua forma e un suo stile che lo rendeva diverso da tutti gli altri mi viene un po’ di nostalgia

fine pausa

 

 

volo (non fabio)

lunedi, 30 dicembre 2017. mattino

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secondo giorno della merla. mi sono vestito pesante per non avere freddo in ufficio e fuori. credo di aver fatto bene perchè ho le mani calde.

un collega è passato a prendere in prestito l’alimentatore del mio pc perchè si era dimenticato il suo e con il pc scarico non poteva proseguire la riunione.

cosi sono senza monitor grande e devo strizzare gli occhi per leggere lo schermo del portatile. la prossima volta gli dico di no e che può tornare nel suo ufficio a prenderlo il suo di alimentatore.

sto pensando che oggi avrò il pomeriggio e la sera tutti per me. dopo il lavoro andrò a fare la spesa e poi mi infilo in arcadia al calduccio. impegnerò il tempo con le faccende di casa e con la cena.

comincio a sentirmi a mio agio nella dimensione domestica. solo qualche mese fa non lo avrei pensato, preso com’ero di pensieri negativi. ho avuto la capacità di cambiare registro e di reagire usando queste mie paure come trampolino per spiccare un salto in avanti.

non sono ancora atterrato e vedo me stesso dall’alto. sono diventato un drone di me stesso

al novantesimo minuto segnò il rigore

domenica, 29 dicembre 2017, notte.

parliamo di sport? massi per una volta ce lo concediamo

ammetto di essere tifoso juventino, da sempre. ho visto la prima partita allo stadio nel 1970. molti che mi leggono non erano ancora nati, sono sicuro. la passione è rimasta inalterata e ciò che è cambiato è l’approccio alla domenica calcistica.

una volta le partite si giocavano alla domenica pomeriggio. orecchie incollate alle radioline a seguire tutto il calcio minuto per minuto. qualcuno osava scrivere su un foglio di carta o sui bordi del giornale i risultati cosi da avere sott’occhio la situazione. la poesia di quegli anni mi è rimasta dentro: sdraiato nel letto a pancia in su ad immaginare le azioni , i goal, le parate e gli errori che i radiocronisti descrivevano.

le loro voci erano dei marchi di fabbrica, come le loro frasi fatte che riprendevamo nei giorni successivi quando si parlava di pallone a scuola.

prima di cena alla televisione trasmettevano un tempo di una partita scelta come l più interessante.fino alla domenica sportiva, dopo il lo sceneggiato o il film, quello era tutto il calcio che si respirava. se avevo il permesso stavo sveglio per vedere le azioni e la moviola che giudicava l’arbitro, a sua volte giudice in campo

oggi non è così. è tutto li a disposizione. non c’è attesa, non c’è pathos, non c’è voglia di stare a seguire le partite perchè è più comodo vederle in rete quando si è a casa o leggere la cronaca live sul cellulare.

niente radioline, niente vecchietti sulle panchine, niente azioni viste con gli occhi della mente.

 

come un bastoncino findus

domenica 29 dicembre 2017, pomeriggio

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minchia che freddo!!!

ho pensato questo quando mi sono seduto su una delle panchine di piazza castello e ho scattato questa foto

le dita congelate facevano male. le nocche indispettite si rifiutavano di piegarsi. ancora un pò e avrei dovuto usare la punta del naso per premere il click

deluso dalla mostra di toulouse lautrec mi sono incamminato per via po direzione ghigo e caffè con panna.

che ci crediate o no non si riusciva ad entrare. la tipica comitiva di turisti aveva invaso il bar e la fila per poco non cominciava sul marciapiede.

merda, faccio marcia indietro e mi fermo in un altro bar dove ordino il caffè con panna. l’attesa è in questo pensiero: la panna sarà montata ad arte o sarà spray. montata e persino un pelino dolce. non siamo al livello dell’originale ma dato il freddo e l’assenza di coda sono uscito soddisfatto.

ai torinesi non piace fare le code, neh?

ps. andate a vedere la mostra e non basatevi sul mio giudizio molto personale. l’arte va vista e poi ognuno esprime il suo giudizio. è sempre cultura che va ad aggiungere spessore alla nostra conoscenza e anima romantica.

finish line

domenica 29 gennaio 2017, pomeriggio

 

ieri notte e stamattina ho parlato della domanda che mi faccio sempre quando devo alzarmi presto per andare ad allenarmi

ma chi me lo fa fare?

mentre correvi ci ho pensato su e per coincidenza quando sono ritornato alla maccina e ho preso in mano il cellulare ho letto una mail in cui mi si diceva che avrei trovato la risposta alla domanda.

la risposta è molteplice e non credo di averle trovate tutte.

chi me lo fa fare? lo stare bene? il non mettere su peso? il piacere di vedermi allo specchio? il passare due ore assieme a degli amici che condividono la tua passione? osservare la natura o i palazzi che scorrono al mio fianco? sentire il cuore che pompa e i polmoni che si riempiono di ossigeno? provare la libertà di muovere il proprio corpo senza limiti? sentire il sapore del sudore sulle labbra?

sono tutte risposte vere, legate alla domanda di partenza. ma appunto oggi ho pensato che il chi me lo fa fare è la mia voglia di raggiungere  un traguardo mettendomi in discussione. mentalmente e fisicamente.

non mi interessa soffrire nè entrare in paranoia mentre corro. ho un obiettivo e voglio raggiungerlo. il traguardo non ha bisogno di una linea per essere tracciato o di uno striscione per essere visibile da lontano. sono io che decido dove posizionarlo. siamo noi che ci diamo dei traguardi che vogliamo attraversare a braccia alzate.

non come forrest gump che corre perchè è la cosa che sa fare meglio ma come vittorio che comincia a conoscere se stesso e inizia a capire cosa vuole per davvero.

ce ne sono voluti di chilometri, migliaia, ma alla fine qualcosa di buono è accaduto

e ora, passeggiata in centro a vedere tolouse lautrec e poi caffè con panna. ecco il traguardo di oggi pomeriggio

il sale della vita

domenica 29 gennatio 2017, notte

ci rendiamo conto di quanto vogliamo bene ad una persona quando ci viene a mancare. siamo tutti d’accordo che questa frase è un’ovvietà. pur essendolo è una realtà che sa di sale quando ne siamo coinvolti.

il sale è il sapore delle lacrime che versiamo quando la nostra emotività emerge e prende il timone.

è il sale del mare che ci inonda il cuore e per questo sentiamo di affogare in assenza di ossigeno.

ci sono lezioni di vita che ci insegnano quanto sia importante avere rispetto dell’amore altrui. si sbaglia e si impara per le volte che verranno.

le lacrime si asciugano, gli abbracci confortano e riavvicinano. non servono medicine per curare questi mail.

il domani è tutto da scrivere e se lo si fa in due è meglio.