mare mare mare …

nel caso qualcuno se lo stia chiedendo, non voglio annegare, come da canzone di battiato.

la prossima settimana sarò al mare a godermi qualche giorno di sole, spiaggia, ombrellone, lettino, letture, musica e aria satura di iodio.
porterò con me i miei personaggi, compagni di avventura nella stesura dei miei racconti.

il commissario rimoldi, ancora a riposo ma pronto per un’altra indagine; fantarigò proseguirà il suo cammino all’interno del castello dello stregone; sonia e dario continueranno il loro viaggio in treno.
non ho dimenticato tom, ovviamente. lui c’è sempre, nel tempo e nello spazio.

mi vedo bello sdraiato all’ombra, con le cuffiette nelle orecchie e il kindle tra le mani, leggere e nello stesso tempo dialogare con loro e con me stesso. chissà cosa uscirà fuori.

le scarpe da corsa ovviamente non mancheranno: mi sono prefissato mezz’ora di corsa ogni mattina, sul presto, sulla pista ciclabile lungo il mare. doccia e colazione prima di andare in spiaggia.

rileggo il post e mi dico: ecco n bel modo per iniziare il venerdi

come quando fuori piove

6,

“Ma cosa ci faccio qui?” si chiese sconsolato Dario, che sentiva il tessuto della camicia appiccicarsi alla schiena per colpa dello schienale della sedia che lo stava facendo sudare.
Si voltò a destra a guardare Stefania, la sua fidanzata, che parlava sorridente e impeccabile. Il caldo non sembrava affaticarla minimamente. Di fronte a lui, Francesco e alla sua sinistra Daniela, la coppia di amici con cui avevano deciso di condividere le vacanze al mare, lì in riviera.
“Dario, come ti senti a compiere ventisei anni?” gli chiese Daniela, richiamandone la sua attenzione con un leggero tocco sul polso sinistro.
“Con un anno in più rispetto ai venticinque.”
“Che risposta del cazzo” si disse. Una migliore non gli era venuta in mente.
“Dai brindiamo di nuovo” suggerì Francesco alzando il suo bicchiere mezzo pieno
“Si, brindiamo” ripete Stefania guardando Dario con quello sguardo che lui aveva imparato a conoscere e che non ammetteva repliche.
Si alzarono tutti e quattro e fecero tintinnare i bicchieri.
Dario guardò fuori dalla finestra il mare e il sole che ormai era aldilà dei confini del mondo e sentì la nostalgia di quando da bambino sognava di essere i capo dei pirati al comando del suo galeone.

“Attenta…. “ Il bicchiere cadde dal tavolo è andò in frantumi.
Sonia cercò di afferrarlo al volo senza riuscirci, sporgendosi in avanti. Le dita della mano lo avevano appena sfiorato lasciandole la sensazione del contatto sui polpastrelli.
“Ti sei sporcata il vestito, ti sei sporcata il vestito.” le cantilenò Betta, già ubriaca al secondo giro.
“Fa niente, succede.” rispose Sonia, appena alticcia e comunque incerta sulle gambe.
Prese un tovagliolo e iniziò a sfregare la gonna di lino allargando la macchia.
“Per fortuna non è rosso.”
con questa frase sperava di calmare la sua amica, che all’università era nota per le sue crisi di nervi esplosive.
Le sorrise e si sedette nuovamente.
“Rifacciamo il brindisi, che dici?”
“Certamente.”
Betta prese la bottiglia di prosecco e versò il vino nel bicchiere di Sonia, attenta a non fare più danni come poco prima.
“Buon compleanno, Sonia.”
Gli orli dei bicchieri si avvicinarono lentamente e risuonarono cristallini
Sonia sorrise di nuovo a Betta e la guardò con affetto. I capelli rossi erano raccolti in una coda che lasciava cadere sulla fronte solo una frangetta leggera. Il sole che aveva preso in quei giorni di mare, le sospirate vacanze al termine dello stage di specializzazione, le aveva procurato uno sfogo ai lati del collo dalla pelle color latte. La canotta bianca che indossava otteneva l’effetto di evidenziare la scottatura.
Sonia, invece, era diventata subito nera: un paio di giorni erano stati sufficienti a farla diventare una pubblicità ambulante della crema solare. La salsedine aveva dato lucentezza ai suoi capelli, neri e mossi, che si stavano impossessando delle spalle circondandole.

“Che sceme quelle due. Avete visto?”
“Chi dici?”
“Alla tua sinistra, il tavolo d’angolo. La rossa e la mora. La mora ha fatto cadere il bicchiere e si è bagnata la gonna. Hai capito? Bagnata. Ah ah ah..”
se in quel momento Dario avesse avuto un solo potere soprannaturale avrebbe scagliato Francesco al confine del sistema solare e legato ad un meteorite incandescente.
“No, non ho visto.”
“Peccato… Devono senz’altro essere già ubriache.”
Dario si voltò nella direzione indicata da Francesco. Vide le due ragazze al tavolo che stavano brindando. Sulla gonna chiara della ragazza mora si vedeva la macchia di vino, una macchia bella grande.
“Sembra che si sia rovesciata mezza bottiglia. Meno male che non è rosso.”
Francesco strizzò l’occhio sinistro, a titolo di complicità con Dario che complice non si sentiva.
“Secondo me sono lì per farsi rimorchiare da qualcuno. Te lo dico io, fidati.” disse Francesco.
“Mah, non saprei. Magari sono li a festeggiare e non a cercare compagnia.”
“Fossimo soli sarebbe facile verificare…”
Daniela all’improvviso batté le mani. “Ma che bello, che bello!” si alzò e abbracciò Stefania baciandola sulle guance.
Dario e Francesco si voltarono stupiti.
“Cosa succede?”
“Ma quando ce lo avresti detto?”
“Cosa?” rispose Dario stupito.
“Ma che vi sposate in autunno!!”
Fu in quel momento che Dario capì che la realtà è sempre diversa da come ce la immaginiamo. A forza rispose che voleva attendere il momento giusto e che dopo le vacanze avrebbe comunicato ufficialmente la decisione. Il tutto sotto lo sguardo vigile e di acciaio di Stefania.
Fu in quel momento che Dario capì dentro di sé che non si voleva legare a Stefania.
Sentì Francesco stringergli la mano con forza e dargli una pacca sonora sulle spalle.
“Mi raccomando, se ti serve aiuto la prima notte di nozze…”
Fu in quel momento che si voltò vero il tavolo di sonia e la guardò come a chiedere aiuto.

“Che cafoni quelli là. Ma guardali che casino stanno facendo”
“Eh?”
“Alla tua destra, tavolo da quattro. Li vedi?”
Sonia si voltò cauta verso Dario. Vide quel ragazzo magro che veniva praticamente assalito da un tamarro con i capelli impomatati e il colletto della camicia sollevato la cui mano continuava a muoversi come se stesse brandendo una frusta.
Le due ragazze che si abbracciavano e sbaciucchiavano emettendo suoni che ricordavano il pigolio degli uccellini appena nati.
“Vero. Bei tamarri” confermò Sonia ritornando al suo bicchiere e ai salatini che erano arrivati quasi alla fine.
Betta stette a guardare ancora un attimo. “Però c’è qualcosa che non quadra.”
“Che cosa?”
“Quello magro con gli occhiali e i capelli casual.”
“E allora?”
“Mi sembra diverso, fuori luogo.”
“Si sentirà in imbarazzo per l’atteggiamento della tamarra family.”
“Può darsi. Boh, non so.”
Sonia posò il bicchiere e prese l’ultimo salatino. Lo mise in bocca e si voltò, noncurante, verso Dario. Colse il suo sguardo di richiesta di aiuto e qualcosa si mosse dentro di lei. Come se volesse abbracciarlo per proteggerlo. Quel desiderio durò in lei un attimo, il tempo necessario a Betta per lamentarsi che non c’erano più salatini, lasciandole un vago ricordo nei giorni a venire. Un ricordo che sarebbe sparito definitivamente al rientro in città e a vacanze concluse.

 

dissocial

E se in un universo parallelo al nostro i social network non esistessero e al loro posto si fossero diffusi i dissocial network?

Pensate che figata sarebbe…

Non facebook ma disfacebook. Nessun like, nessuna icona sorridente, solo richieste di antipatia. In pratica chi ha meno amici e sta sul culo a tutti ha successo.

Instagram diventerebbe gram (cattivo). Sul sito ci sarebbero foto di persone incazzate e nessun unicorno rosa

Linekedin sarebbe linkedout: le aziende non metterebbero annunci di ricerca del personale, bensì dichiarazioni di licenziamenti di massa. “entra anche tu in linkedout e allarga la tua catena di contatti licenziati”

Da Whatsapp a Whatthefuck il passo sarebbe breve

Twitter si trasformerebbe in shouter

 

E cosi via…

 

in diretta da ieri

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Da dove posso iniziare?

Dire dall’incontro con un personaggio davvero particolare che rimarrà impresso nella mia memoria

Eravamo sul pulman di linea diretti a san lorenzo, da dove saremmo partiti per la mezza maratona.

Accanto a noi sedeva un signore anziano, salito un paio di fermate dopo la nostra, alto e magro. In testa una coppola bianca di cotone che non sembrava fargli patire il caldo. Ci ha sentiti parlare di gare e di tempi e ha attaccato bottone, raccontandoci che lui a 83 ogni mattina nuota per un chilometro in mare più un chilometro di corsetta al ritorno, che ha corso le maratone e che ha fatto triathlon. Infine, suo figlio è allenatore federale di triathlon e recentemente era stato in tv. Ci siamo guardati colpiti da tanta vigoria nelle parole di quest’uomo, cui non abbiamo chiesto il nome. Ettore secondo me potrebbe stargli bene. Quando siamo scesi dal pulman ci ha voluto stringere la mano e fatto gli auguri. “Magari vengo a vedervi all’arrivo.”

Lasciato Ettore, abbiamo corso lungo la pista ciclabile che arriva a san remo. Il sole in fronte e il caldo a farci usare cautela. Il mio tempo cronometrico non conta dato che quest’anno sono lento e non c’è verso di diventare più veloce. Conta essere arrivato in fondo e aver visto il tramonto sul mare.

Ieri, domenica, siamo stati in spiaggia. Ho fatto il mio primo bagno. 600 metri, misurati usando la boa posta a 300 metri al largo, oltre la quale è possibile accendere i motori delle barche, e il mio pensiero è andato a Ettore e ai suoi mille metri in undici minuti.

Ma della giornata di ieri rimarrà memorabile la cena a mondovì. Abbiamo trovato un ristorante da fine del mondo. Era da tempo che non mangiavo così bene, con qualità e quantità. Il “capo”, così come lo ha definito la cameriera, è un personaggio cui piace fare battute e usa il piemontese come unico linguaggio tecnico per descrivere le portate. Gli ho dato corda e, prendendoci in simpatia, si esibito in un bis come un comico affermato. Ma al di là di questo, ci ha trattato bene. Alla cassa ci ha raccontato la storia della sua famiglia, dei suoi fratelli, e dell’urologo che gli vuole far fare degli esami “cume an crin allo spiedo, da davant e da darera” gli ho detto.

Arrivo a casa e trovo briciola ad aspettarmi davanti la porta. Stava dormendo ed era ancora intontita, cosa che mi ha permesso di accarezzarla senza essere graffiato. Lascio il borsone aperto così che possa ispezionarlo e mi butto nel letto, stravolto. Chiudo il weekend con le palpebre pesanti e l’arietta fresca che entra dalla persiana; la testa leggera e lo stomaco pieno; briciola in fondo al letto.

Il sonno non ha tardato ad arrivare.