Domanda

Ero sul balcone e vedo un signore che si avvicina al negozio i frutta e verdura il titolare gli chiede cosa può fare per servirlo. Il cliente gli chiede: cine sono le arance? Fan cagare ho risposto al posto suo tra me e me ridendo alla scena grottesca che si sarebbe creata 😀

la signora del quinto piano

abitare al primo piano ed essere spettatore di ciò che avviene in strada mi sta piacendo sempre di più. ho l’impressione di vivere non in quartiere ma in un paese, dove la strada si riempie di una umanità così diversa da sembrare un circo itinerante.
ieri sera ad esempio i soliti ragazzi che stazionano al bar sono stati bagnati da una secchiata d’acqua giunta da qualcuno che abita sopra di me. sospetto la signora del quinto piano che ha un balcone fiorito che sembra un giardino pensile.
il pià grosso dei ragazzi mi urla: sei stato tu?
io ero li con la sigaretta accesa e con calma gli ho risposto: no, non sono stato io.
allora è qualcuno di sopra, mi fa di rimando
probabile gli ho detto e tutto è finito li.
spettatore consapevole di un film che si svolge quotidianamente.
ora penso alla signora che con mira eccellente ha gettato l’acqua dall’alto. chissà cone ghigno soddisfatto sarà rientrata in casa.

anche stanotte ho dormito bene. siamo alla quarta notte consecutiva. mi pare di sognare, letteralmente. e comincio a prenderci gusto a dire il vero. come comincio a pensare che la mia tranquillità ritrovata era solo li dietro l’angolo e non la vedevo.
cazzo, dovevo scoprirlo da solo, ma in fondo me ne frego: le parole non contano; contano i fatti.
contano i sogni, le aspettative anche quando vengono deluse, gli ideali puri e concreti, il rispetto e l’allegria che si prova mangiando del buon cibo e bevendo del buon vino.

qui, dal mio balcone delle confidenze che ora è anche il faro della scogliera penso questo e intanto osservo sereno.

buongiorno

un giorno come un altro? macché. oggi mi sembra sabato e non venerdi.
per fortuna mi sono ricordato di togliere la sveglia dal cellulare.
sono in ferie, il primo di tanti venerdi in cui starò a casa per seguire le indicazione dell’azienda che vuole che siano consumati i crediti ferie.
in poche parole il momento è negativo e bisogna ridurre i costi. ok, allora, stiamo in ferie che male non fa.
dal balcone guardavo la scuola di fronte a me. la ressa delle mamme che accompagnano i figli, le macchine parcheggiate come letti a castello, i camioncini commerciali in coda perchè non riescono a passare. uno spettacolo che mi perdo tutti i giorni andando a lavorare.
ho acceso spotify ed ecco un bel pezzo del duca bianco. che bello iniziare la giornata cazzeggio con una sua canzone.
ieri sera apericena con il gruppo con cui facevo yoga in palestra. il locale scelto è il turet in piazza solferino. arriviamo e non c’è coda all’ingresso. mah saliamo al piano dell’apericena e non c’è nessuno. mah. cosa sarà successo? chiediamo alla cameriera che ci dice che stasera c’è una cena in terrazza e sono tutti li. ahhh.
figo. il buffet è tutto per noi e comincio afre viaggi avanti e indietro con i piattini pieni. pensate quello che volete ma se non mi faccio almeno cinque piatti non sono contento.
una media chiara a buttare giù il tutto e via.
si chiacchiera amabilmente. ci si racconta un po’ cosa è successo in questi mesi passati dall’ultima volta che ci si è visti. le poltrone sono comode e il relax parte dalla punta dei piedi per arrivare alla cima dei capelli.
il tempo vola e quando il padrone passa a vedere capiamo che l’invito ad uscire è pressante.
ok allora, ci alziamo e usciamo nella notte piacevole di torino. la piazza è vuota con poche macchine che passano. se fosse sempre così…
ci si saluta e si rinnova l’invito ad esserci la prossima volta.
anche stanotte ho dormito bene. tre volte consecutive sono significative.
ora di prepararmi e di vestirmi. cazzeggio arrivo.

dormi?

quando la serata inizia bene, prosegue bene e finisce bene cosa vorresti di più?
ci ritorviamo in quattro: il sttoscritto, danielino (l’inventore di minchiavitto9, ladynoise e michi (il suo fidanzato).
ci dirigiamo a orbassano, alle porte di torino, per andare a mangiare il kebab. secondo danielino ci porta dove secondo lui si mangia uno dei kebab più buoni. in effetti ha ragione. nella mia personale classifica dei kebab quello che ho mangiato ieri si colloca in alto in classifica. prova ne è il fatto che stanotte non ho bevuto come un cammello, cosa che capita di solito dopo aver scofanato il classico panino pieno zeppo di carne e insalata.
poi cosa facciamo?
propngo di andare a bere una birra a nichelino, in una birreria che conosco da tempo. saliamo in macchina e ci dirigiamo dritti come dei fusi. ovviamente ci siamo scordati che ieri sera c’era la champions e la birreria è stracolma.
(nota di cronaca: 2 a 0)
ci fanno sedere sotto una delle televisioni giganti di fronte alle persone che guardano la partita. mi fisso su di loro e osservo le loro espressioni facciali. in pratica la partita la si può seguire in basse alle smorfie che fanno: stupore, sorpresa, ansia. occhi sgranati, labbra che si chiudono strette, movimenti del collo, scatti sulla sedia.
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una partita mimata, insomma
nonostante il casino riusciamo ad accomodarci e parlare in relax.ci si racconta che cosa è successo negli ultimi tempi, si ipotizza il futuro, ci si confida o si riporta ‘ultimo gossip nato sul posto di lavoro.
la partita finisce e ritorna la tranquillità. un ultimo sorso e finisco la birra. è ora di rientare alla maisone.
un ultima sigaretta fumata fuori sotto il porticato, salutiamo danielino e riaccompagno i due fidanzati a casa.
sto bene. mi sento leggero. ho dei pensieri positivi che mi danno calore. musica a palla e via.

il letto mi attende

l’ispettore rimoldi convocato d’urgenza

Finalmente, dopo un lungo mese di lavoro senza sosta l’ispettore Giancarlo Rimoldi stava preparando lo zaino per la gita in montagna che aveva organizzato in compagnia di sua sorella Flavia e di suo nipote Carlo.
Il telefono iniziò a squillargli nella tasca destra dei pantaloni. Rispose subito sapendo che era Ornella, la sua fidanzata, che lo chiamava da Milano dove si trovava per proseguire il suo stage di architettura industriale.
“Allora, hai preparato tutto?”
A Giancarlo faceva piacere che Ornella si preoccupasse della preparazione dello zaino data la sua tendenza a dimenticare sempre qualcosa a casa quando andava via.
“Si, guarda ho fatto una lista e ho spuntato tutto. C’è anche Flavia che di sicuro avrà portato due volte le stessa cose.”
“Sono sicura. Siete proprio all’opposto.”
“Trovami qualcuno che è uguale a me” rispose Giancarlo ridacchiando.
Cinque minuti dopo essersi salutati il telefono di rimordi ricominciava a squillare. Questa volta era la questura. Era l’appuntato tedeschi che lo convocava in ufficio con urgenza.
Rimoldi chiuse la comunicazione e imprecò sottovoce. Chiamò sua sorella scusandosi dell’imprevisto, diede uno sguardo malinconico allo zaino ed uscì in direzione centro.
In ufficio lo attendeva il procuratore aggiunto Gambuzza, quello che Rimoldi ricordava come “becco d’aquila.”
“Commissario scusi l’urgenza ma abbiamo bisogno di lei.”
Rimoldi lo guardò con gli occhi socchiusi. “nessun problema, mi stavo solo preparando per una gita in montagna.”
Gambuzza aspetto un paio di secondi per rispondere: “commissario, le montagne non scappano via. I delinquenti si.”
“Mi segua”, prosegui
Uscirono dall’ufficio e scesero nel seminterrato. Raggiunsero la zona della medicina legale dove li attendeva Giulio Bechis, detto ovviamente becchino, l’anatomopatologo capo
“Oh bene, venite pure.”
Apri le porte scorrevoli e li condusse al tavolo operatorio dove era stato appoggiato il corpo di una donna.
Rimoldi notò la lunghezza dei capelli che arrivavano fin sotto la cintola. Il colore della pelle stava virando al blu chiaro e le labbra erano bianche. Il viso ovale era rilassato pur nel rigor mortis.
“Causa della morte?” chiese gambuzza
“Probabile avvelenamento” rispose Bechis.
Rimoldi continuava a guardare quel corpo affascinato. La morte non aveva ancora portato via la bellezza di quella donna con sé.
“Abbiamo degli indizi, delle tracce?” chiese rimordi
“Per ora no” rispose Bechis.
“Ma?”
“Ma c’è questo.” Bechis prese una fotografia e la diede a Rimoldi che la prese incuriosito.
Si vedeva il cadavere della donna a terra sull’asfalto, nuda e con un foglietto appoggiato sul ventre. La scritta era netta e si leggeva bene.
“Chiamate Giancarlo Rimoldi”

train in vain

questa è la versione dal vivo della canzone che chiude london calling dei clash. la versione in studio l’ho ascoltata ieri notte mentre tornavo a casa. ovviamente l’ho messa a palla. il mio amore per i clash è infinito e ad ogni ascolto è come se fosse la prima volta.

ho dormito bene
non ho sentito la sveglia
mi  sono alzato di corsa
di corsa sono uscito

 

buon natale

finalmente il giorno in cui la mia azienda ci obbliga a prendere ferie è arrivato. si ventilava da tempo la possibilità di consumare il monte ferie e permessi accumulato.
la ricetta è semplice: entro fine anno bisogna farne almeno 22, e se puoi farne di più è meglio.
ottimo: a questo punto ne faccio trenta, cifra tonda che fa fine e non impegna.
se poi ci sarà il classico lavoro urgente da fare quando l’ufficio sarà mezzo vuoto pazienza.
a meno che non ci dicano di fare ferie la domenica…..

p maiuscola

chissà perchè mi sveglio alle tre e mezza. la risposta me la da lo stomaco che gorgoglia e reclama cibo. uffa…

mi alzo e vado in cucina a mangiare qualcosa. c’è rimasta una fetta di torta che sembra essere messa lì apposta. due bocconi ed è andata. lo stomaco sorride e ringrazia. si, lui è a posto e a me è passato il sonno.

che palle. ritorno a letto e mi  metto a fissare il soffitto. in questa posizione, stile cadavere, so che il sonno arriva prima. non cerco di forzarmi perchè so che è inutile. quando morfeo arriva arriva, senza preavviso. e così è stato…

ma cosa hai poi fatto ieri? sono stato ad incorniciare la stampa di chagall e l’ho già appesa in camera da letto.

posso vederla? certo

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bella. mi piace. grazie

e poi? poi ho fatto le tagliatelle che mi  ha chiesto mia mamma e visto che non sapevo cosa farmi da mangiare ho fatto la pizza.

la pizza? si, la pizza.

ti tratti bene a quanto vedo. avevo voglia di trafficare. cucinare mi rilassa come ben sai. e mentre cucinavo pensavo al fatto che non è sempre facile parlare con un’altra persona. ci devono essere degli elementi di base affinché ci si riesca.

ad esempio? ad esempio apertura, assenza di pregiudizio, voglia di aprirsi.

ah, ma tu intendi parlare con la p maiuscola. si, intendo quello. di gente che parla e parla ce n’è fin troppa. e non si ascolta.

che dici, ci salutiamo? si, ho del lavoro da mandare avanti.

ci parliamo più avanti. si, ma con la p maiuscola

 

 

 

 

 

 

 

 

vocalese

riporto testualmente da wikipedia:

Vocalese (parola composta da vocalize più il suffisso -ese a indicare un linguaggio) è uno stile canoro jazz in cui le parole sono adattate a melodie originariamente eseguite come composizione orchestrale o improvvisata. Mentre il fraseggio scat adopera parole improvvisate e prive di senso, scelte per il loro suono e andamento ritmico, il vocalese usa una normale versificazione, a volte improvvisata, a volte scritta sulla base di un assolo preregistrato.”

per cui ecco a voi alcuni esempi di vocalese!

enjoy listening